Siamo una comunità di poveri in spirito e parte del Regno o una istituzione di potere integrata alla logica del mondo?
Dal vangelo secondo Matteo (Mt 5, 1-12a)
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Con questa domenica iniziamo ad ascoltare uno dei più noti discorsi di Gesù, il cosiddetto discorso della montagna. È un testo lungo e complesso, con una struttura particolare.
Esso è il primo dei cinque discorsi (come i cinque libri della prima parte della Bibbia ebraica, numero caro a Matteo) che caratterizzano la parte centrale del Vangelo. Il contesto richiama ancora una volta la figura di Mosè: come il famoso patriarca Gesù sale sul monte, ma in questo caso non per ricevere la Legge da Dio, ma per comunicarla in quanto Dio. L’anonimo monte è, tra l’altro, uno di cinque che compaiono nel testo di Matteo: il primo sarà il “monte altissimo” su cui avviene la terza tentazione al capitolo 4, il nostro monte “delle beatitudini”, quello della trasfigurazione, il Golgota e, infine, il monte in Galilea su cui si svolge la scena finale del Vangelo.
Tornando al brano specifico che ci propone la liturgia in questa domenica, abbiamo davanti le famose beatitudini. Esse non sono delle regole (sarebbe assurda una regola che comanda di “essere nel pianto”) ma un annuncio, che introduce i vari ambiti dentro cui si inoltrerà il discorso di Gesù: i rapporti con gli altri, i rapporti con Dio, i rapporti con le cose.
Si annuncia una felicità che sembra paradossale (“beati quelli che sono nel pianto”) finché non ne viene specificato il motivo (“perché saranno consolati” … da Dio); è l’attenzione e l’amore di Dio per i poveri in spirito a generare questa strana felicità.
Delle tante possibilità che offre questo testo ne scelgo due che riguardano la comunità cristiana. I cristiani sono chiamati anche a farsi collaboratori di Dio: coloro che sono nel pianto sono beati perché saranno consolati da Dio … ma la comunità cristiana collabora con Dio in questa opera di consolazione?
Dio esprime la propria preferenza per i poveri e i marginali, per coloro che cercano la giustizia e la pace, per i miti, i misericordiosi e i puri di cuore. Noi siamo una chiesa fatta di queste persone, siamo una comunità che cerca la giustizia e la pace e che ancora oggi la storia lascia a bocca asciutta? Siamo una chiesa povera e aperta al bene comune e in quanto tale parte del Regno?
Il cristianesimo non è facile ma felice.
Papa Paolo VI
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La Parola è la mia casa: [29/01/2023] IV dom TO anno A
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