Gesù ha un volto di pane
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 6,51-58)
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Le letture di oggi ci danno lo spunto per riflettere su un aspetto particolare del mistero eucaristico.
Nella prima lettura Mosè, parlando al popolo, fa memoria del lungo cammino di liberazione nel deserto e della manna, del povero “pane” che è stato quotidiano e, a tratti, faticoso sostegno in questo cammino. Nella seconda lettura Paolo esplicita ai corinzi il forte legame tra la comunione tra loro, nella Chiesa e con Dio e l’Eucarestia vissuta assieme. Così il vangelo propone un brano del lungo discorso abbinato, nel racconto di Giovanni, all’episodio della distribuzione dei pani e dei pesci.
La direzione che sembra imprimere la Parola di Dio di oggi va verso la semplicità e la quotidianità dei segni attraverso cui Gesù risorto si fa presente nella sua Chiesa. Non nettari rari e prelibati, non cibi sacri e soprannaturali. Ma pane e vino. A disposizione in tutte le dispense delle nostre case.
Purtroppo l’aver adottato nella Chiesa cattolica occidentale, per praticità, le particole che conosciamo al posto di pane, pur non lievitato, le fa sembrare qualcosa di distante dal pane che sta sulle nostre tavole. E, spesso, l’abitudine di usare il vin santo o altro vino liquoroso (anche qui il motivo è di conservazione) fa pensare a molti, erroneamente, che serva un vino dotato di una qualche sacralità per celebrare la santa Messa. Invece serve del semplice vino di uva.
Inoltre se ci riflettiamo pane e vino sono, come dice la liturgia, “frutto del lavoro”: non crescono sugli alberi, non sono disponibili in natura, ma sono frutto di complessi passaggi frutto del lavoro e della civiltà umani. A rappresentare tutto ciò che l’uomo ha fatto e fa di costruttivo nella propria vita e nella storia. La presenza di Dio tra gli uomini si impasta in tutto ciò.
Usando una immagine che sintetizza tutto questo, dalla semplicità e quotidianità alle considerazioni sul lavoro e sull’umanizzazione positiva del mondo e della storia, potremmo dire che, nella sua presenza eucaristica, Gesù ha un volto di pane.
«Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra, cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto: “Questo è il mio corpo”, confermando il fatto con la parola, ha detto anche: “Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare” e “ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli fra questi, non l’avete fatto neppure a me”».
San Giovanni Crisostomo
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Gesù ha un volto di pane
Le letture di oggi ci danno lo spunto per riflettere su un aspetto particolare del mistero eucaristico.
Nella prima lettura Mosè, parlando al popolo, fa memoria del lungo cammino di liberazione nel deserto e della manna, del povero “pane” che è stato quotidiano e, a tratti, faticoso sostegno in questo cammino. Nella seconda lettura Paolo esplicita ai corinzi il forte legame tra la comunione tra loro, nella Chiesa e con Dio e l’Eucarestia vissuta assieme. Così il vangelo propone un brano del lungo discorso abbinato, nel racconto di Giovanni, all’episodio della distribuzione dei pani e dei pesci.
La direzione che sembra imprimere la Parola di Dio di oggi va verso la semplicità e la quotidianità dei segni attraverso cui Gesù risorto si fa presente nella sua Chiesa. Non nettari rari e prelibati, non cibi sacri e soprannaturali. Ma pane e vino. A disposizione in tutte le dispense delle nostre case.
Purtroppo l’aver adottato nella Chiesa cattolica occidentale, per praticità, le particole che conosciamo al posto di pane, pur non lievitato, le fa sembrare qualcosa di distante dal pane che sta sulle nostre tavole. E, spesso, l’abitudine di usare il vin santo o altro vino liquoroso (anche qui il motivo è di conservazione) fa pensare a molti, erroneamente, che serva un vino dotato di una qualche sacralità per celebrare la santa Messa. Invece serve del semplice vino di uva.
Inoltre se ci riflettiamo pane e vino sono, come dice la liturgia, “frutto del lavoro”: non crescono sugli alberi, non sono disponibili in natura, ma sono frutto di complessi passaggi frutto del lavoro e della civiltà umani. A rappresentare tutto ciò che l’uomo ha fatto e fa di costruttivo nella propria vita e nella storia. La presenza di Dio tra gli uomini si impasta in tutto ciò.
Usando una immagine che sintetizza tutto questo, dalla semplicità e quotidianità alle considerazioni sul lavoro e sull’umanizzazione positiva del mondo e della storia, potremmo dire che, nella sua presenza eucaristica, Gesù ha un volto di pane.
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