Contro la paura e il torpore nasce l’invocazione: «Se tu squarciassi i cieli e discendessi!»
Dal vangelo secondo Marco (Mc 13, 33-37)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
L’Avvento dell’anno B si apre con un bellissimo brano di Isaia: c’è una discesa, un ritorno, un viaggio del Signore verso l’uomo. Isaia sa esprimere tutta la potenza del desiderio profetico: «Se tu squarciassi i cieli e discendessi!». In Gesù Dio ha ribadito la sua rottura dallo splendido isolamento e «ha squarciato i cieli», «è disceso», è «andato incontro a quanti si ricordano delle sue vie».
La parabola di Marco dipinge un secondo movimento, quello umano. Tre imperativi scandiscono le tre parti del brano di oggi: «State attenti, vegliate, vigilate». A questo proposito Marco cita la parabola del portiere notturno.
Secondo l’uso romano la notte è divisa in 4 veglie o vigilie: sera, mezzanotte, canto del gallo, alba. Marco, riprendendo probabilmente i ricordi di Pietro sulla terribile e fondamentale notte del giovedì santo ascoltati innumerevoli volte durante la sua predicazione, fa riferimento a 4 precisi eventi di Gesù e della Chiesa: la sera del tradimento di Giuda, la notte del processo e della condanna, l’ora del canto del gallo e del tradimento di Pietro, il mattino in cui Gesù viene consegnato a Pilato per essere crocifisso.
Dunque il ritorno (parousia) di Gesù può avvenire: alla sera quando il discepolo tradisce Gesù o è tradito dai suoi familiari, colleghi, amici, confratelli; nel cuore della notte (la notte dell’anima) quando il discepolo condanna Dio o viene condannato e ingiustamente accusato; al canto del gallo quando Gesù viene rinnegato o il discepolo non viene riconosciuto tale dagli altri o gli viene negata dignità; al mattino quando è o sarà l’ora della morte. Ecco il richiamo alla vigilanza per evitare di addormentarci di tristezza e di indifferenza come i discepoli nel Getsemani.
Quando Gesù “andò all’estero” (morte e resurrezione), la casa – comunità – chiesa, lasciata nelle mani di Pietro e dei suoi, non fu vigile. In quella prima prova, che furono i giorni di passione di Gesù, tutti dormirono e non lo riconobbero.
Pare che questo sonno lo stiamo vivendo anche di fronte alle grandi sfide civili del nostro tempo e della nostra civiltà occidentale: il 57° rapporto Censis, uscito proprio in questi giorni, afferma che «la società italiana sembra affetta da sonnambulismo» e che di fronte a crisi demografica, cambiamenti climatici, guerra e crescita delle povertà e delle disuguaglianze viviamo una paura paralizzante che si trasforma in torpore e ricerca di distrazioni.
Proprio da questo sentimento di fallimento, di paura, di smarrimento facciamo nascere in noi l’invocazione di questo Avvento: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!».
Un cristianesimo che diventa insensibile all’attesa del ritorno di Cristo perde tutto il suo mordente.
A.M. Bernard
Correlati
La Parola è la mia casa: [03/12/2023] I dom TA anno B
Contro la paura e il torpore nasce l’invocazione: «Se tu squarciassi i cieli e discendessi!»
L’Avvento dell’anno B si apre con un bellissimo brano di Isaia: c’è una discesa, un ritorno, un viaggio del Signore verso l’uomo. Isaia sa esprimere tutta la potenza del desiderio profetico: «Se tu squarciassi i cieli e discendessi!». In Gesù Dio ha ribadito la sua rottura dallo splendido isolamento e «ha squarciato i cieli», «è disceso», è «andato incontro a quanti si ricordano delle sue vie».
La parabola di Marco dipinge un secondo movimento, quello umano. Tre imperativi scandiscono le tre parti del brano di oggi: «State attenti, vegliate, vigilate». A questo proposito Marco cita la parabola del portiere notturno.
Secondo l’uso romano la notte è divisa in 4 veglie o vigilie: sera, mezzanotte, canto del gallo, alba. Marco, riprendendo probabilmente i ricordi di Pietro sulla terribile e fondamentale notte del giovedì santo ascoltati innumerevoli volte durante la sua predicazione, fa riferimento a 4 precisi eventi di Gesù e della Chiesa: la sera del tradimento di Giuda, la notte del processo e della condanna, l’ora del canto del gallo e del tradimento di Pietro, il mattino in cui Gesù viene consegnato a Pilato per essere crocifisso.
Dunque il ritorno (parousia) di Gesù può avvenire: alla sera quando il discepolo tradisce Gesù o è tradito dai suoi familiari, colleghi, amici, confratelli; nel cuore della notte (la notte dell’anima) quando il discepolo condanna Dio o viene condannato e ingiustamente accusato; al canto del gallo quando Gesù viene rinnegato o il discepolo non viene riconosciuto tale dagli altri o gli viene negata dignità; al mattino quando è o sarà l’ora della morte. Ecco il richiamo alla vigilanza per evitare di addormentarci di tristezza e di indifferenza come i discepoli nel Getsemani.
Quando Gesù “andò all’estero” (morte e resurrezione), la casa – comunità – chiesa, lasciata nelle mani di Pietro e dei suoi, non fu vigile. In quella prima prova, che furono i giorni di passione di Gesù, tutti dormirono e non lo riconobbero.
Pare che questo sonno lo stiamo vivendo anche di fronte alle grandi sfide civili del nostro tempo e della nostra civiltà occidentale: il 57° rapporto Censis, uscito proprio in questi giorni, afferma che «la società italiana sembra affetta da sonnambulismo» e che di fronte a crisi demografica, cambiamenti climatici, guerra e crescita delle povertà e delle disuguaglianze viviamo una paura paralizzante che si trasforma in torpore e ricerca di distrazioni.
Proprio da questo sentimento di fallimento, di paura, di smarrimento facciamo nascere in noi l’invocazione di questo Avvento: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!».
Condividi:
Correlati
commento letture