Dio non chiede sacrifici umani ma si sacrifica per amore e per la salvezza dell’uomo
Dal vangelo secondo Marco (Mc 9, 2-10)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
Ascoltando la prima lettura di oggi, il cosiddetto “sacrificio di Isacco” (più correttamente la tradizione ebraica parla di “legatura di Isacco”) si rimane disorientati e sgomenti. A patto di ascoltare davvero, cioè di non farsi scivolare addosso tutto o di non cercare a tutti i costi, in maniera ottusa e bigotta, di chiudere in fretta ogni domanda e perplessità. La scena di questo sacrificio umano “sospeso”, di un Dio che abbiamo imparato a considerare buono e che qui quasi sadicamente chiede la vita del figlio ad un padre che lo ha tanto desiderato e che, finalmente, aveva potuto accoglierlo nella sua vita, proprio rimane indigesta. Nei secoli si è cercato, nelle interpretazioni meno oneste, di anestetizzarla con dosi abbondanti di prediche a base di “prove di fede” e “sacrifici totali a Dio”, ma un padre che accetta o si trova costretto a fare quel che nessun padre vorrebbe fare, proprio non va giù.
Fortunatamente l’oscurità di questo brano viene illuminato da quelli, successivi, del Nuovo Testamento. Cosi diceva sant’Agostino: «L’Antico Testamento è svelato nel Nuovo e il Nuovo Testamento è nascosto nell’Antico». L’immagine di Gesù che conversa con Mosé (la Torah, prima parte dalla Bibbia ebraica) ed Elia (i Profeti, la seconda parte) esprime tutto questo.
Leggiamo nella lettera di Paolo alla comunità di Roma che Dio «non ha risparmiato il proprio Figlio». Nel brano evangelico della trasfigurazione la voce dalla nube dice «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». Gesù è il Figlio prediletto del Padre, come Isacco lo è per Abramo, e questo Figlio è destinato al sacrificio. Questo è il significato del brano della Genesi, svelato dalle letture del Nuovo Testamento, e in questo episodio della legatura di Isacco è nascosto il sacrificio pasquale di Cristo.
Ciò è confermato anche dai particolari: Isacco porta sulle spalle la legna per il suo olocausto, come Gesù il legno della sua croce; il monte indicato ad Abramo e su cui si svolgono i fatti di Gen 22, secondo la tradizione biblica, è il monte su cui sarà costruita Gerusalemme e su cui Gesù sarà crocifisso.
Dio non vuole sacrifici umani, ma dà la sua vita per la salvezza dell’uomo. Proprio dal dono della vita di Gesù per amore nasce quella luce, quella bellezza e quella gloria che Pietro, Giacomo e Giovanni vedranno sul monte Tabor.
Se la pianta non si orienta verso la luce, appassisce. Se il cristiano rifiuta di guardare la luce, se si ostina a guardare solo le tenebre, cammina verso una morte lenta; non può crescere né costruirsi in Cristo. A poco a poco Cristo trasforma e trasfigura tutte le forze ribelli e contraddittorie che ci sono dentro di noi …
frère Roger di Taizè
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Dio non vuole sacrifici umani, ma dà la sua vita per la salvezza dell’uomo. Proprio dal dono della vita di Gesù per amore nasce quella luce, quella bellezza e quella gloria che Pietro, Giacomo e Giovanni vedranno sul monte Tabor.
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