La larghezza, la lunghezza, la profondità e l’altezza dell’amore di Dio
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 15,9-17)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
La Parola di Dio proposta questa settimana contiene tre affermazioni molto forti.
«Dio non fa preferenze di persone» afferma Pietro alla presenza del centurione Cornelio e dei suoi famigliari. È un Pietro, quello raccontato dagli Atti degli apostoli, che sembra cambiato e maturato rispetto all’impulsivo e testardo discepolo dei vangeli, costantemente messo in crisi da Gesù. Invece, in questo episodio, si scopre ancora prigioniero dei propri pregiudizi e delle chiusure ereditate dalla sua formazione strettamente ebraica, tanto da resistere all’inizio all’azione dello Spirito. Il percorso che lo porterà all’incontro con Cornelio e i suoi lo cambierà e gli farà prendere coscienza che Dio non è solo il Dio di Israele ma è il Dio di tutti e ama tutti, al di là di ogni appartenenza, etnia, cultura, tradizione, lingua.
«Dio è amore» scrive Giovanni nella sua lettera, quasi a definirne l’identità, a dire che Dio si immerge talmente nella relazione con noi uomini da essere lui stesso relazione. Precisa Giovanni che «non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi»: Dio ci ha amati prima di ogni nostra decisione, prima di ogni nostra buona azione, mentre siamo ancora sulla cattiva strada. Dobbiamo smetterla, noi cristiani, di far intendere, magari con dei discorsetti di apparente buon senso sulla “giustizia” (la nostra umanissima e ristrettissima idea di giustizia) che Dio ama i buoni e odia i peccatori. Dio ama tutti, per primo, senza preferenza di persone.
«Non vi chiamo più servi ma vi ho chiamato amici» dice Gesù ai suoi discepoli durante l’ultima cena. Egli si relaziona con i suoi non attraverso i ruoli sociali, professionali, religiosi (le cosiddette relazioni secondarie) ma attraverso la categoria dell’amicizia e della fraternità (le cosiddette relazioni primarie): li ha chiamati amici non dipendenti. Gesù instaura con noi una relazione disinteressata, non vincolata ad un obiettivo o a un interesse da perseguire, uno stipendio da ottenere o un paradiso da guadagnare. L’amore di Dio è gratuito e svincolato da ogni mostrina, grado, insegna, eccellenza, onorevole, monsignore. Davanti a lui siamo tutti amici e fratelli. Questo ci dà la forza e l’esempio di fare altrettanto tra noi nella comunità cristiana: «Che vi amiate gli uni gli altri come [e perché] io ho amato voi».
Un triplice amore: l’amore del Padre per Gesù (v. 9), l’amore di Gesù per i discepoli (vv. 9-12), l’amore reciproco tra i credenti (vv. 12-17). L’uno trova nell’altro – salendo dal basso verso l’alto – la sua sorgente e la sua misura. L’amore produce sempre altro amore. […] Se possiamo amare è perché amati.
don Bruno Maggioni
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