Il cielo da leggere nella terra e una nuova terra da attendere dal cielo
Dal vangelo secondo Marco (Mc 13, 24-32)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».
Le letture di oggi cambiano la tavolozza rispetto a quelle delle precedenti domeniche e sembrano dipingere il mondo e la storia di tonalità inquietanti. Si parla di angoscia, tribolazioni, catastrofi cosmiche, divisioni, confusione. È ciò che succede nei tempi di cambiamento e di grandi eventi tragici. Qual’era il tempo di Gesù, quello di Marco, il nostro. Tutto cambia in modo sconvolgente e sembra che anche i punti fermi e ciò che si credeva immutabile (qui rappresentati dal sole, dalla luna e dalle stelle) siano presi e travolti dal vortice. Il tempo di Gesù vedeva le attese messianiche e l’occupazione romana sconvolgere il decaduto regno di Israele, quello di Marco vedrà la distruzione del Tempio di Gerusalemme, il nostro un turbinio di rapidissime evoluzioni tecnologiche e culturali e un succedersi ininterrotto di crisi globali a tutti i livelli (ambientali, antropologiche, economiche, sanitarie, etc … ).
Poi, improvvisamente il brano si alleggerisce in un colore pastello, quasi acquarellato … la pianta di fico con i suoi rami che diventano teneri per far spuntare prima le gemme e poi le foglie che indica l’estate vicina. Il contrasto è notevole e Gesù lo usa con molta sapienza comunicativa. Egli, nei vangeli, assegna un’importante vocazione profetica alla cultura contadina del suo tempo: dentro la natura, la vita dei campi e le occupazioni quotidiane Dio ha messo dei segni che vanno letti e interpretati e che svelano chi è Lui, chi è l’uomo e il senso della sua vita e della storia.
C’è un dipinto di Vincent Van Gogh che può aiutarci a capire questa cosa: si tratta de “Il seminatore”, realizzato nel 1888 dall’artista (che aveva tentato, senza portare a termine il percorso, di diventare pastore evangelico). Van Gogh scambia i colori nella tela divisa in due con il seminatore decentrato sulla destra: sopra l’orizzonte tutto è dorato come la messe matura mentre, sotto, la terra che raccoglie i semi è blu e viola con delle pennellate bianche e gialle come un cielo tormentato. Dentro a questa terra noi cerchiamo il senso del cammino contraddittorio della storia e del viaggio pericoloso che è la vita. Senza edulcorazioni perché la storia è un impasto di bene e male dove è ben presente il peccato e senza disperazione perché Dio è presente come provvidenza misericordiosa già ora (il grande sole dorato) e come promessa del regno di giustizia, di comunione e di pace compiuto al ritorno di Cristo (il grano maturo che si confonde con l’oro del cielo). Per questo il seminatore, dipinto con il blu della terra e con il giallo del cielo, sa che val la pena seminare in quel campo pieno di inquietudini e contraddizioni.
Il discepolo deve imparare a discernere, a guardare per comprendere e per conoscere ciò che avviene. Bisogna saper leggere tutti quei segni, piccoli o grandi, di cui è disseminata la nostra storia e che ci aprono alla speranza. E una umile pianta, il fico, ci ricorda Gesù, può aiutarci a comprendere questo: “Dalla pianta del fico imparate la parabola”.
Monaci di Dumenza
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