A chi aprire il nostro cuore? Al Dio che si fa vicino o al male già sconfitto?
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 1,1-5.9-14)
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
La seconda domenica del tempo di Natale ripropone i densissimi diciotto versetti del prologo del vangelo secondo Giovanni. Già ascoltati nella Messa del giorno a Natale, vengono qui proposti in abbinamento alla figura veterotestamentaria della Sapienza.
L’intento è di sottolineare, in maniera ancor più specifica, il carattere cosmico di ciò che abbiamo celebrato a Natale. Il brano poetico del prologo, infatti, esordisce citando le prime parole della Bibbia: «In principio». Esse non indicano solo un tempo, non sono un sinonimo di “all’inizio”, ma dicono anche che siamo sul piano dei principi assoluti, del progetto originario di tutto ciò che esiste. «Era il Verbo», il Figlio, la sua persona, la sua vita è la Parola che rivela chi è Dio. Il termine greco è scelto accuratamente da Giovanni perché, seppur con sfumature diverse, è noto sia al pensiero ebraico che a quello romano-ellenistico. È il progetto su cui è fatto il mondo, la Sapienza, personificazione del saper vivere. Ma anche sguardo che sa dare sapore e significato a tutto ciò che esiste. È questo uno degli scopi della Sacra Scrittura: non il dire come è e come funziona il creato (per far questo è bene usare la scienza), ma chi ha creato, perché e soprattutto per chi. Il creato e la nostra stessa esistenza sono uno dei grandi segni dell’attenzione e dell’amore di Dio per ciascun essere umano.
Un altro passaggio fondamentale del prologo è «il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi». In esso vi sono due contenuti principali: la Parola, la Sapienza si è fatta debolezza umana (secondo la sfumatura di significato del termine che sta dietro alla traduzione “carne”) ed ha preso casa dentro il cammino della famiglia umana (vi è un riferimento all’esodo dall’Egitto nella frase che letteralmente suona come “pose la sua tenda in mezzo alle nostre”). La fragilità e la quotidianità diventano la direzione verso cui la Sapienza divina dall’alto della sua trascendenza si china: in questo abbassamento di Dio verso l’essere umano e nel suo restare stabilmente con lui, l’incarnazione appare come una scelta definitiva di tenerezza.
Questa visita di Dio nell’incarnazione del Verbo, simboleggiata dalla luce, ha però trovato e trova anche rifiuto e opposizione. Ma le tenebre sono state già vinte, perché non hanno potuto soffocare e trattenere la luce. Noi possiamo comunque scegliere tra le due possibilità: o aprire le porte a Cristo, luce del mondo, o stare dalla parte delle tenebre, già sconfitte, e aprire la nostra casa e il nostro cuore al male che sta “accovacciato alla nostra porta” (cfr. Gen 4,7), come le statue di bestie feroci davanti agli ingressi di alcune antiche chiese.
La luce brilla sempre, appartiene alla sua natura brillare. Appartiene alla natura del Logos illuminare sempre. Nessuno può far cessare la luce che emana dal Logos. È, se così si può dire, una necessità. Il rifiuto della tenebra è invece un fatto. Dipende dal comportamento dell’uomo e dalla sua libertà. Gli uomini possono rifiutare la luce, non però spegnerla.
don Bruno Maggioni
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