Il vino messianico di Cana di Galilea: Gioia Gratuita di Origine Controllata e Garantita
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 2,1-11)
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Prima di cominciare la lettura del vangelo dell’anno, che in questo 2025 è il vangelo secondo Luca, il lezionario della II domenica del tempo ordinario propone un brano della cosiddetta “settimana inaugurale” del vangelo di Giovanni (caratterizzata dal racconto di quattro episodi quotidiani di fila e poi da un salto al “terzo giorno” presso Cana di Galilea dove si sta svolgendo un banchetto nuziale). Sono brani che introducono alla conoscenza della figura di Gesù. Negli anni A e B è Giovanni il battista a condurre all’incontro con il Messia. Quest’anno sarà la madre che, nell’episodio delle nozze di Cana, spingerà perché il Figlio compia il primo dei segni che lo riveleranno come il Messia, lo sposo del popolo di Israele.
Il brano, dietro l’apparenza di aneddoto di un miracolo tutto sommato simpatico e facile oggetto di benevola ironia, è piuttosto complesso e non immediato da decodificare. Le immagini del banchetto nuziale e del vino sono ricalcate su quelle che, nella letteratura profetica, alludono al banchetto del Messia, sposo del popolo di Israele. Allo stesso modo le sei anfore di pietra per la purificazione dei giudei piene di acqua sono simbolo della religiosità umana, in questo caso dell’ebraismo ufficiale del tempio di Gerusalemme, ormai incapace di riconoscere la visita di Dio: infatti il sei è il numero di ciò che è umano, limitato e incompleto (il sette è il numero della completezza, della pienezza), le gigantesche anfore non potevano essere presenti in Galilea essendo collocate tradizionalmente nel Tempio a Gerusalemme, l’acqua rappresenta i riti e i precetti di purificazione sacrale.
Il messaggio del brano è l’annuncio dell’identità di Gesù, che porta la gioia e la festa dopo tempi di oppressione e di lutto, che è lo sposo vicino e amorevole del popolo di Israele dopo tante esperienze storiche di abbandono e di devastazione. Il segno che manifesta la sua gloria è quel vino sorprendentemente buono che non viene da lavoro umano e che è donato senza bisogno di contraccambio che sostituisce l’acqua delle anfore del Tempio.
La nostra fede ha come suo centro il dono gratuito e immeritato della presenza di Gesù il Cristo? Questo è motivo di gioia e di festa, pur dentro le difficoltà e le fatiche della vita e della storia? Ci ricordiamo di attingere al “vino” della grazia dei sacramenti e della Parola e del dialogo con Dio e dell’affidamento a Lui oppure ci accontentiamo dell’“acqua” della nostra buona volontà, del nostro sforzo, di nostri buoni propositi?
Gesù fa quello che lo sposo non ha fatto: dà vino buono in abbondanza, si cura della gioia e salva la festa. Il suo operato va inteso come un segno. Gesù non toglierà agli uomini la preoccupazione per il vino nelle loro feste terrene, come pure in seguito non li provvederà di pane terreno. È venuto invece a preparare loro la grande festa, a donare loro la pienezza della gioia che dura e che trova compimento nel banchetto celeste. Con lui è giunto lo Sposo ed è cominciata la festa: il tempo della presenza sulla terra è già tempo di gioia.
p. Klemens Stock
Correlati
La Parola è la mia casa: [19/01/2025] II dom TO anno C
Il vino messianico di Cana di Galilea: Gioia Gratuita di Origine Controllata e Garantita
Prima di cominciare la lettura del vangelo dell’anno, che in questo 2025 è il vangelo secondo Luca, il lezionario della II domenica del tempo ordinario propone un brano della cosiddetta “settimana inaugurale” del vangelo di Giovanni (caratterizzata dal racconto di quattro episodi quotidiani di fila e poi da un salto al “terzo giorno” presso Cana di Galilea dove si sta svolgendo un banchetto nuziale). Sono brani che introducono alla conoscenza della figura di Gesù. Negli anni A e B è Giovanni il battista a condurre all’incontro con il Messia. Quest’anno sarà la madre che, nell’episodio delle nozze di Cana, spingerà perché il Figlio compia il primo dei segni che lo riveleranno come il Messia, lo sposo del popolo di Israele.
Il brano, dietro l’apparenza di aneddoto di un miracolo tutto sommato simpatico e facile oggetto di benevola ironia, è piuttosto complesso e non immediato da decodificare. Le immagini del banchetto nuziale e del vino sono ricalcate su quelle che, nella letteratura profetica, alludono al banchetto del Messia, sposo del popolo di Israele. Allo stesso modo le sei anfore di pietra per la purificazione dei giudei piene di acqua sono simbolo della religiosità umana, in questo caso dell’ebraismo ufficiale del tempio di Gerusalemme, ormai incapace di riconoscere la visita di Dio: infatti il sei è il numero di ciò che è umano, limitato e incompleto (il sette è il numero della completezza, della pienezza), le gigantesche anfore non potevano essere presenti in Galilea essendo collocate tradizionalmente nel Tempio a Gerusalemme, l’acqua rappresenta i riti e i precetti di purificazione sacrale.
Il messaggio del brano è l’annuncio dell’identità di Gesù, che porta la gioia e la festa dopo tempi di oppressione e di lutto, che è lo sposo vicino e amorevole del popolo di Israele dopo tante esperienze storiche di abbandono e di devastazione. Il segno che manifesta la sua gloria è quel vino sorprendentemente buono che non viene da lavoro umano e che è donato senza bisogno di contraccambio che sostituisce l’acqua delle anfore del Tempio.
La nostra fede ha come suo centro il dono gratuito e immeritato della presenza di Gesù il Cristo? Questo è motivo di gioia e di festa, pur dentro le difficoltà e le fatiche della vita e della storia? Ci ricordiamo di attingere al “vino” della grazia dei sacramenti e della Parola e del dialogo con Dio e dell’affidamento a Lui oppure ci accontentiamo dell’“acqua” della nostra buona volontà, del nostro sforzo, di nostri buoni propositi?
Condividi:
Correlati
commento letture